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Max Liebster :storia di un ebreo sopravvissuto

   Mio padre, Bernard Liebster, nacque ad Oswiecim (Auschwitz), in Polonia. Andò in Germania per sposare mia madre, Babette Oppenheimer. Divenne cittadino tedesco. Il giorno in cui nacqui mio padre era lontano: prestava servizio nell'esercito tedesco durante la prima guerra mondiale.
   La nostra era una delle dieci famiglie ebree che appartenevano alla sinagoga della nostra città. Andavamo d'accordo con tutti i vicini salvo una famiglia che nutriva simpatie per il nazionalsocialismo. Ricordo che un giorno uno dei ragazzi mi cosparse la fronte con del sangue di maiale. Lui e suo fratello si arruolarono poi nelle SA, o truppe d'assalto, e nelle SS.    
Max Liebster

   Mio padre, Bernard Liebster, nacque ad Oswiecim (Auschwitz), in Polonia. Andò in Germania per sposare mia madre, Babette Oppenheimer. Divenne cittadino tedesco. Il giorno in cui nacqui mio padre era lontano: prestava servizio nell'esercito tedesco durante la prima guerra mondiale.
    La nostra era una delle dieci famiglie ebree che appartenevano alla sinagoga della nostra città. Andavamo d'accordo con tutti i vicini salvo una famiglia che nutriva simpatie per il nazionalsocialismo. Ricordo che un giorno uno dei ragazzi mi cosparse la fronte con del sangue di maiale. Lui e suo fratello si arruolarono poi nelle SA, o truppe d'assalto, e nelle SS.
    Mi trasferii nella cittadina di Viernheim, vicino Mannheim, per lavorare nel negozio di abbigliamento di un nostro parente. Spesso c'erano manifestazioni violente di nazionalsocialisti e di comunisti. Quando Hitler andò al potere, cominciai a vedere cartelli all'entrata dei parchi e dei cinema che dicevano "Vietato l'ingresso ai cani e agli ebrei". Poi ci fu l'esplosione di odio della Kristallnacht (Notte dei Cristalli). Le sinagoghe furono incendiate. Case e negozi furono oggetto di atti di vandalismo. Il negozio di abbigliamento dove lavoravo fu saccheggiato e distrutto. Mi trasferii a Pforzheim nella Foresta Nera. Lì fui arrestato nel settembre 1939 all'età di 24 anni per il semplice fatto che ero ebreo. Non capivo che cosa stesse succedendo. Cosa più importante, non capivo perché quelle cose venissero fatte a persone innocenti dai loro stessi connazionali.
    Ci portarono al campo di concentramento di Karlsruhe. Sul treno una guardia delle SS mi spinse a calci in una cella. Finii addosso a un uomo col quale trascorsi le successive due settimane di viaggio. Nonostante il terrore, la violenza e le in-certezze con cui dovevamo fare i conti, sembrava stranamente sereno. Appresi che sua moglie era già morta nel campo di concentramento di Ravensbrück e che i suoi figli erano stati portati in un istituto di rieducazione nazista. Ora lo stavano portando in un campo di concentramento. Lui e la sua famiglia erano testimoni di Geova. Era stato arrestato perché si era rifiutato di uccidere il prossimo e di dire "Heil Hitler". Ne fui molto colpito.
    Ci portarono nel campo di concentramento di Sachsenhausen, vicino Berlino. In questo campo di 50.000 prigionieri c'erano circa 400 Testimoni. I Testimoni venivano tenuti in due baracche isolate circondate da filo spinato elettrificato. Qua-lunque prigioniero veniva sorpreso a parlare con un Testimone riceveva 25 bastonate. Spesso le SS sceglievano i Testimoni per sottoporli a particolari torture. A volte d'inverno li costringevano a stare in piedi all'aperto con gli abiti inzuppati d'acqua fredda fino a farli gelare. A Sachsenhausen, nell'inverno 1939/40 morì un testimone di Geova su tre. Il mio compagno di viaggio morì in questo campo.
    Io venni messo in una baracca con altri ebrei. Dormivamo in quattro su un pagliericcio, pigiati come sardine, uno con la testa da un lato e il successivo con la testa dal lato opposto. Un giorno un prigioniero mi disse che nel campo c'era un altro Liebster. Scoprii che questo "altro Liebster" era mio padre. Giaceva sul pavimento, con le gambe gonfie per il congelamento. Nei giorni successivi andai a trovarlo tutte le volte che fu possibile. Un giorno mi pose le mani sulla testa, mi benedisse e morì. Dovetti portare il suo corpo sulle spalle fino al crematorio.
    Nell'ottobre 1940 fui incluso in un gruppo di 30 giovani ebrei che vennero trasferiti nel campo di concentramento di Neuen-gamme. Il comandante del campo urlò: "Metteremo questi ebrei puzzolenti insieme ai Testimoni perché credono nello stesso Geova!" La baracca dei Testimoni era tranquilla, pulita e ordinata. Di notte io e i miei compagni di cuccetta parlavamo a bassa voce di Dio, delle Scritture e della speranza.
    Poi un giorno seppi che sarei partito per la città in cui era nato mio padre: Auschwitz. Mi stavano mandando in un campo di sterminio. Ero terrorizzato. Mi fu tatuato sul braccio il numero di sterminio 69733 e fui messo a lavorare alla costruzione di una fabbrica a Buna, uno dei campi di lavoro vicino ad Auschwitz.
    Un giorno mi fu detto di portare la bicicletta di una SS a riparare. Misi un piede sul pedale e presi la rincorsa in quella posizione. Per aver contaminato la bicicletta di una SS fui legato a un palo e ricevetti 25 bastonate sul sedere. Per settimane potei dormire solo a pancia in giù. Una volta ero così sfinito che non riuscivo nemmeno a camminare. Una SS se ne accorse e mi mandò a lavorare nella mensa delle SS affinché potessi mangiare qualcosa in più e riacquistare le forze.
    Nel gennaio 1945, quando la sconfitta della Germania era ormai vicina, ci portarono a Buchenwald. Tutti gli ebrei dovevano essere uccisi. Ogni giorno gruppi di prigionieri veni-vano stipati sui carri bestiame. Venivano portati nella foresta, costretti a scavarsi la fossa e uccisi. Arrivò il mio turno. Insieme a un altro prigioniero ebreo, Fritz Heikorn, decisi di passare gli ultimi momenti di tranquillità dietro una catasta di legna. Lui aveva alcune pagine dell'Apocalisse, l'ultimo libro della Bibbia. Mentre stavamo leggendo quelle che pensavamo fossero le nostre ultime parole, il treno partì e le guardie scomparvero. Ci avevano dimenticati!
    All'improvviso udimmo un annuncio: tutti i testimoni di Geova dovevano radunarsi nella baracca n. 1. Ci unimmo a loro e quella stessa notte fummo liberati dai soldati americani.
    Ero stato rinchiuso per circa sei anni in cinque campi di concentramento. Ho perso sette familiari nell'Olocausto. Nel 1956 sposai Simone Arnold, una testimone di Geova, la cui famiglia era pure stata perseguitata sotto il nazismo.

Fonte: Copyright © 2001 VITTIME DIMENTICATE - I Testimoni di Geova sotto il regime nazista

Fonte: http://www.vittime-dimenticate.ch/testimonianze/maxliebster.htm sito http://www.vittime-dimenticate.ch

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